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Inno del Giubileo della Misericordia

E’ stato pubblicato su You Tube l’inno ufficiale del Giubileo della Misericordia.
L’inno si apre con le parole “Misericordes sicut Pater”, ovvero il motto del Giubileo, “Misericordiosi come il Padre”, tratto  dal Vangelo di Luca (6,36). Gli autori della musica, Paul Inwood, e del testo, il padre gesuita Eugenio Costa, hanno donato ogni diritto di sfruttamento di questa opera al Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione al fine di facilitare la diffusione dell’Inno  in tutta la Chiesa. La registrazione è stata eseguita dalla Cappella Musicale Pontificia, diretta d
al Maestro mons. Massimo Palombella, a cura della Radio Vaticana. 
Nell’aprile scorso Papa Francesco ha indetto il Giubileo straordinario della Misericordia, intitolato “Misericordiae Vultus – Il volto della misericordia”. Nella Bolla, anche l’annuncio dell’apertura di una Porta Santa in tutte le Chiese particolari e la possibilità, per alcuni sacerdoti, di rimettere i peccati riservati alla Sede Apostolica. Questo Anno Santo inizierà nella prossima solennità dell’Immacolata Concezione e si concluderà il 20 novembre del 2016

Ascolta l’Inno:

Riapre la basilica di San Sebastiano a Ferla

Riapre dopo 36 anni la Basilica di San Sebastiano a Ferla. Si tratta della chiesa del santo patrono. 
La cerimonia di dedicazione dell’altare sabato 18 alle ore 18.30 da parte dell’arcivescovo mons. Salvatore Pappalardo, alla presenza del parroco, don Roberto Garro.
Venerdì cerimonia solenne di riapertura delle porte e la statua di San Sebastiano è stata riposizionata. Un momento commovente al quale hanno preso parte migliaia di fedeli. Per permettere a tutti di partecipare stasera, il Comune ha disposto l’installazione di un maxi schermo in piazza.
Domenica processione alle 21 con la reliquia del santo. I fedeli hanno contribuito ad acquistare gli arredi della chiesa.
 

Missione del reliquiario della Madonna delle Lacrime

“La missione del reliquiario della Madonna delle Lacrime va contestualizzata dentro la scia lasciata dalla visita del papa e, su richiesta diretta del cardinale di Sarajevo Vinko Pulic, dentro un contesto di lenta ricostruzione e anelato riscatto”. Queste le parole del rettore della Basilica Santuario della Madonna delle Lacrime, don Luca Saraceno, appena rientrato da Sarajevo dove è stato in missione con il reliquiario. 
Giorni intensi soprattutto per la qualità di eventi vissuti: l’incontro con la comunità ecclesiale di Sarajevo (i cristiano-cattolici sfiorano appena il 10 per cento della popolazione); la preghiera dentro alla più antica sinagoga di Sarajevo, costruita nel 1581; l’incontro con l’Imam della prima moschea della città (1526), la preghiera con lui e l’ingresso nel luogo di culto; la struggente visita nel memoriale di Srebrenica, laddove fu compiuto il più atroce dei genocidi dopo la seconda guerra mondiale: 8372 uomini trucidati dalle truppe serbo-bosniache in soli due giorni. 
«Fare la pace è un lavoro artigianale: richiede passione, pazienza, esperienza, tenacia. Beati sono coloro che seminano pace con le loro azioni quotidiane, con atteggiamenti e gesti di servizio, di fraternità, di dialogo, di misericordia…». Questo è un passaggio – ha spiegato don Luca – tratto dall’omelia di papa Francesco dettata nello stadio “Kosevo” di Sarajevo, lo scorso sabato 6 giugno davanti a 65 mila fedeli. Parole molto forti, pronunciate da papa Francesco in una terra, come quella di Bosnia-Herzegovina, teatro nella prima metà degli anni ‘90 di una terribile e sanguinosa guerra fratricida, che ha registrato un totale (che, ahimè, resterà sempre provvisorio!) di quasi 105.000 vittime. Sono stati giorni intensissimi per una missione che resterà nella storia della comunità del Santuario e dell’intera città di Siracusa. Non ho alcun dubbio nell’affermare che sono pellegrinaggi come quello di Sarajevo a derubricare il misterioso segno delle lacrime di Maria nei rivoli di luce della solidarietà, della cura e della prossimità della Madre di Dio e Madre dell’umanità, la cui «materna carità si prende cura dei fratelli del Figlio suo ancora peregrinanti e posti in mezzo a pericoli e affanni, fino a che non siano condotti nella patria beata» (Lumen gentium, 62)”. 

Particolarmente struggente la visita nel memoriale di Srebrenica: “Vedere il reliquiario attraversare e sostare su quella distesa silente di assenza di vita è stata una delle più graffianti esperienze che abbia mai vissuto e che difficilmente potrò dimenticare. In quella occasione il cardinale Pulic ha sottolineato l’importanza della presenza del reliquiario proprio nell’occasione della memoria dei 20 anni dal genocidio ed esattamente presente in quello spazio di lacrime e dolore per un messaggio di speranza e solidarnosc, solidarietà di una donna e madre che ha mescolato il suo pianto con quello di centinaia di donne e uomini. Degna di memoria è la brevissima sosta del reliquiario nel paese di Medjugorie, luogo di grazia, di conversione e penitenza. E poi ancora l’incontro con il monaco ortodosso Daniel della comunità di Mostar e con lui la preghiera dentro alla chiesa (1566), circondati da luminosissime icone evangeliche, sotto lo sguardo della Teotokos”. 
«Sono lacrime di misericordia», ha risposto immediatamente il sacerdote Daniel alla domanda per lui sul significato delle lacrime di Maria. E l’importanza delle lacrime viene confermata anche dall’Imam di Sarajevo che raccontava della storia dell’angelo Melek che «pianse, e le sue lacrime di pentimento, deposte in settemila anni di pianto ininterrotto in sette anfore, hanno estinto le vampe dell’inferno». Per ultimo, l’incontro con gli operatori aeroportuali di Mostar che, chiedendo di vedere il reliquiario, non solo per il doveroso controllo ma anche per un breve momento di preghiera, hanno vissuto in religioso silenzio e con occhi lucidi un momento significativo davanti alle lacrime di Maria. 

Esposto il simulacro di Santa Lucia

La Deputazione della Cappella di Santa Lucia ha reso noto che in occasione del periodo estivo, come tradizione ormai consolidata, ha disposto l'esposizione straordinaria del simulacro di Santa Lucia per tre domeniche. In particolare la seconda domenica del mese di luglio, di agosto e di settembre.
In questo modo i siracusani che rientrano per le vacanze ed i turisti in città hanno la possibilità di pregare lo splendido simulacro argenteo della patrona.
La prima esposizione è prevista quindi per domani, domenica 12 luglio, dalle ore 7.30 alle ore 20.15. Gli orari delle messe sono alle ore 8.00, alle ore 11.30 ed alle ore 19.00.
 

Il Reliquiario accolto dal cardinale Puljic

Momenti suggestivi e commoventi sta vivendo la missione del Reliquiario della Madonna delle Lacrime a Sarajevo. 
Iniziata con l’incontro in Cattedrale “Sulle orme di Maria e Pietro” , la proiezione del documentario in lingua croata, e l’accoglienza da parte dell’arcivescovo di Sarajevo, il cardinale Vinko Puljic. Poi la celebrazione eucaristica ed il ricevimento presso il palazzo della Nunziatura Apostolica dal Nunzio Apostolico in Bosnia-Erzegovina e in Montenegro mons. Luigi Pezzuto. 
Eli Tauber, responsabile della Comunità ebraica di Sarajevo, ha accolto i pellegrini ed il reliquiario dentro la sinagoga dove ha avuto luogo una preghiera ecumenica per la pace. E’ la sinagoga più antica di Sarajevo. Poi al Museo Zemajski,  Eli Tauber ha presentato l’Agada (il più antico manoscritto, in lingua ebraica, che racconta la storia del popolo ebreo). Quindi la visita è continuata nella parrocchia di San Giuseppe, dove durante i bombardamenti,nella guerra del 1992-1995, si è formata prodigiosamente nelle sue mura l’immagine del volto di Cristo. Celebrazione della via crucis e celebrazione eucaristica presieduta dal cardinale di Sarajevo.
Quindi l’arrivo a Srebrenica e celebrazione eucaristica nella Chiesa di Santa Maria (1271). Visita all’harem, il cimitero musulmano della strage di Srebrenica. Quindi ha avuto luogo una funzione religiosa musulmana del venerdì in memoria delle vittime di Srebrenica nel XX anniversario. Una preghiera ecumenica, con esposizione del Reliquiario, nella Chiesa di Santa Maria. “L’ultima parola non è la sofferenza o la morte – ha detto il cardinale Puljic  – ma è una parola di pace e di speranza”. Venti anni fa venivano trucidati 8372 uomini, donne e bambini in un luogo protetto dalle Nazioni Unite. Il cardinale ha parlato di solidarietà e delle lacrime di Maria. Le lacrime della Madonna sono legate alle lacrime di tutti coloro i quali hanno sofferto. E della vicinanza del pianto di Maria al pianto di ogni uomo. Un momento che si è concluso con la preghiera ecumenica del rabbino e del cardinale davanti a quelle tombe. Il reliquiario è stato poi portato nella comunità ortodossa di Sarajevo.

Il reliquiario della Madonnina a Sarajevo

 Ad un mese esatto dalla visita del Santo Padre Francesco, il reliquiario della Madonna delle Lacrime sarà a Sarajevo, la Gerusalemme dell’Occidente, dove vi convivono culture, religioni, etnie diverse. Una missione, da mercoledì 8 a lunedì 13 luglio, voluta dal cardinale Vinko Pulijc, arcivescovo di Sarajevo e presidente della Conferenza Episcopale bosniaca, che ha chiesto nella sua Diocesi martoriata il reliquiario della Madonna delle Lacrime. 
“Una missione molto importante. Il reliquiario supera i confini dell’Italia – spiega il rettore della Basilica Santuario della Madonna delle Lacrime, don Luca Saraceno – e viene accolto nella Diocesi di Sarajevo dal cardinale Vinko Pulijc, che direttamente venendo in Santuario lo scorso novembre ha conosciuto la storia della Madonna delle Lacrime ed ha fatto richiesta al nostro arcivescovo di averlo in Diocesi. Sarà un momento significativo soprattutto per ciò che ha rappresentato Sarajevo negli anni ’90 con la guerra nei Balcani”. 
Intenso il programma della sei giorni: “Saremo a Sarajevo, a Srebrenica, saremo all’interno del cimitero dei musulmani e vivremo un momento significativo pensando al dolore vissuto all’interno di questa Arcidiocesi. Pensiamo che i cattolici – continua don Luca – prima della guerra dei Balcani erano più di 500 mila ed ora sono ridotti a meno di 200 mila a Sarajevo. Il cardinale ha voluto proprio la presenza del reliquiario della Madonna delle Lacrime per dare forza e sostegno come grido di speranza per questa Chiesa”. 
Il programma prevede la visita alla sinagoga, con l’accoglienza del responsabile della comunità ebraica di Sarajevo, Eli Tauber, dove ci sarà un preghiera ecumenica per la pace. La visita al cimitero musulmano della strage di Srebrenica ed una preghiera interreligiosa per la pace con i rappresentanti ebrei, musulmani e cattolici. “Nella bolla di indizione Papa Francesco ha parlato della misericordia come tema che può essere ecumenico, che tocca anche le realtà di ebrei e musulmani. La misericordia è vissuta da queste due grandi religioni. In questa missione – ha concluso don Luca Saraceno – il reliquiario farà vivere una preghiera ecumenica con musulmani ed ebrei. Entreremo nella sinagoga e poi condivideremo un momento di comunione con l’Imam di Srebrenica”.

Mons. Salvatore Garro rettore del Seminario

Mons. Salvatore Garro è stato nominato rettore del Seminario Arcivescovile di Siracusa. Il decreto è stato firmato dall’Arcivescovo di Siracusa, Mons. Salvatore Pappalardo, che ha comunicato la lieta notizia. L’insediamento avrà luogo il 15 agosto. 
Mons. Garro, che prende il posto di mons. Salvatore Caramagno, è stato già direttore spirituale del Seminario ed attualmente ricopriva l’incarico di vicario foraneo di Floridia e parroco della parrocchia San Francesco d’Assisi di Floridia.

Processione del Corpus Domini

 “Con la processione del SS. Sacramento per le vie della città, la Chiesa manifesta la propria missione, quella cioè di portare Cristo Gesù nel mondo, di annunciare il suo Vangelo a tutti gli uomini, di testimoniare la speranza che Egli, il Signore, ha acceso nel cuore di quanti credono in Lui e si fidano della sua Parola”. Così l’arcivescovo di Siracusa, mons. Salvatore Pappalardo, al termine della processione di ieri del Corpus Domini. Prima la celebrazione eucaristica alla Basilica Santuario della Madonna delle Lacrime, poi la processione fino al Pantheon.

“Perché l’Eucaristia sia effettivamente “fonte e culmine” di tutta la vita cristiana è necessario non solo ribadirne il principio, ma occorre anche che da essa traggano motivazione e ad essa siano finalizzate sia le attività pastorali delle comunità ecclesiali come anche la vita dei singoli fedeli – ha continuato l’arcivescovo -. Ora, mangiare “il pane spezzato” e bere “al calice dell’alleanza”,significa nutrirci realmente del Corpo e Sangue di Cristo, sacramento di redenzione e di comunione con Dio;da questa partecipazione all’Eucaristia scaturisce  l’impegno divivere la nostra vita alla maniera del Signore Gesù. Come Egli è venuto per servire e dare la sua vita per la salvezza degli uomini, così anche noi, suoi discepoli, che ci nutriamo della sua carne e del suo sangue, dobbiamo servire e donare la nostra vita per costruire nella giustizia e nella misericordia un mondo nel quale la dignità di ogni uomo è pienamente riconosciuta e rispettata; dobbiamo impegnarci a promuovere con le nostre scelte concrete la civiltà dell’amore, che ci fa sperimentare la gioia dell’unità, della solidarietà e della fraternità, e ci unisce tutti nell’unica famiglia di Dio”.
Ripensare la partecipazione all’Eucaristia ed trarne le opportune conseguenze per la vita quotidiana. 
“Nel prossimo mese di ottobre la Chiesa celebrerà il Sinodo sulla famiglia. Quale relazione tra Eucaristia e famiglia? Come vivere in pienezza il mistero eucaristico nell’ambito delle relazioni coniugali? Una risposta ed una precisa indicazione ci vengono offerte dal magistero del Papa san Giovanni Paolo II, il quale nell’Esortazione apostolica Familiaris consortio scriveva queste testuali parole: «L’Eucaristia è la fonte stessa del matrimonio cristiano. Il sacrificio eucaristico, infatti, ripresenta l’alleanza d’amore di Cristo con la chiesa, in quanto sigillata con il sangue della sua croce. L’8 dicembre prossimo Papa Francesco aprirà il Giubileo straordinario della misericordia. Quale rapporto tra Eucaristia e Giubileo? Come tradurre il mistero del pane “spezzato”  e del “calice dell’alleanza” nella prassi delle nostre comunità ecclesiali e nella nostra vita quotidiana? Anche a questa domanda possiamo trovare una risposta pertinente e precise indicazioni pastorali. Cito un paragrafo della Bolla con la quale il Papa indice il Giubileo: «In questo Anno Santo, potremo fare l’esperienza di aprire il cuore a quanti vivono nelle più disparate periferie esistenziali, che spesso il mondo moderno crea in maniera drammatica. Quante situazioni di precarietà e sofferenza sono presenti nel mondo di oggi! Quante ferite sono impresse nella carne di tanti che non hanno più voce perché il loro grido si è affievolito e spento a causa dell’indifferenza dei popoli ricchi. In questo Giubileo ancora di più la Chiesa sarà chiamata a curare queste ferite, a lenirle con l’olio della consolazione, fasciarle con la misericordia e curarle con la solidarietà e attenzione dovuta. Non cadiamo nell’indifferenza che umilia, nell’abitudinarietà che anestetizza l’animo e impedisce di scoprire la novità, nel cinismo che distrugge. Apriamo i nostri occhi per guardare le miserie del mondo, le ferite di tanti fratelli e sorelle privati della dignità, e sentiamoci provocati ad ascoltare il loro grido di aiuto. Le nostre mani stringano le loro mani, e tiriamoli a noi perché sentano il calore della nostra presenza, dell’amicizia e della fraternità. Che il loro grido diventi il nostro e insieme possiamo spezzare la barriera di indifferenza che spesso regna sovrana per nascondere l’ipocrisia e l’egoismo. E’ mio vivo desiderio che il popolo cristiano rifletta durante il Giubileo sulle opere di misericordia corporale e spirituale».

Solennità del Corpus domini

Si celebra domenica 7 giugno la solennità del Corpus Domini. Alle ore 19.00 l’arcivescovo mons. Salvatore Pappalardo presiederà la solenne celebrazione eucaristica nella Basilica Santuario della Madonna delle Lacrime. Seguirà la processione che percorrerà la via del Santuario, piazza della Vittoria, corso Timoleonte, piazza Euripide, largo Gilippo, via Diaz, fooro Siracusano (piazzale del Pantheon).
“Carissimi fedeli – ha scritto l’arcivescovo mons. Pappalardo -, la solennità del Corpo e Sangue di Cristo fa risplendere l’amore infinito e misericordioso del Padre, che ci dona il suo Figlio, del Figlio che si fa pane spezzato per noi, dello Spirito Santo che ci santifica nell’unità della Chiesa. Soltanto nutrendoci del Pane eucaristico anche noi diventiamo pane spezzato per i fratelli che incontriamo nel nostro cammino e testimoni della fede, ad imitazione dei nostri tanti fratelli perseguitati perché cristiani”.

Riscoprire il dialogo con l’altro

 Il fenomeno dei migranti oggi è un segno dei tempi, e interpella credenti e non credenti a risolvere il problema della ospitalità e dell’accoglienza. Questo il punto di partenza del convegno ecumenico ed interreligioso, “Accogliamoci l’un l’altro – Amate il forestiero (Dt 10,19)”  all’Istituto Superiore di Scienze Religiose “San Metodio”.
Accogliamoci l’un l’altro, interpellando i rappresentanti di diverse religioni, e pensatori laici, facendoli interagire in chiave interdisciplinare, sul piano etico, scientifico, religioso e politico, per una analisi maggiormente attenta e approfondita delle questioni aperte dal problema migrazioni e per garantire dignità a chi per svariati motivi, è costretto a rischio della propria vita a lasciare il proprio paese, nella speranza di trovare, “una terra promessa”.
Il problema in primo luogo, è politico, perché le società devono trovare risoluzioni per orientare e gestire movimenti così epocali. La Bibbia, non offre soluzioni a questo problema, ma sin dall’inizio da Genesi affronta il problema dello straniero. Un convegno per far memoria, a quasi tre anni dalla scomparsa di padre Arcangelo Rigazzi (1945/2012), sacerdote impegnato da sempre nell’accoglienza del diverso, dell’ultimo, dello straniero. E perché questo lembo di Sicilia è  terra di frontiera, costretta a vivere sulla propria pelle il dramma umano e le tragedie dei migranti. E’ oggi sempre più importante e urgente approfondire il problema, sia in ambito religioso che laico, in particolare se si considera che ogni giorno quasi ormai nell’indifferenza generale, si consumano immani tragedie con centinaia di morti. 
“La Bibbia ebraica – ha spiegato don Nisi Candido, direttore dell’ISSR San Metodio – usa tre termini per indicare “lo straniero”, o “forestiero” che, come diceva il Cardinale Martini, riflettono l’esperienza sofferta dei Figli d’Israele: «Tre termini nei quali si può leggere qualcosa dell’esperienza sofferta e dinamica di Israele e del cammino della rivelazione nel cuore di questo popolo»; zar lo straniero lontano, nokri, lo straniero di passaggio, gher o thosav, lo straniero residente. Il pensiero ebraico sullo straniero si evolve da negativo in positivo dopo l’esilio Babilonese verso il VI secolo a.e.v.. Il Nuovo Testamento, fa un ulteriore passo avanti, in Mt 25,35ss, Gesù dichiara: “Perche io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero un forestiero e mi avete ospitato[…]In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”, l’accoglienza dello del povero, dello straniero diventa una Imitatio Christi”.
Il convegno si è aperto con il saluto di mons. Salvatore Pappalardo, arcivescovo di Siracusa. Impedimento dell’ultimo momento per Vincenzo Bertolone, arcivescovo di Catanzaro e Squillace, che ha voluto inviare un suo ricordo di don Arcangelo Rigazzi. “Il suo fu ministero di prossimità: verso gli immigrati, i forestieri, gli aramei erranti evocati nello Shemà Israel. Se la Chiesa è madre senza confini e senza frontiere, ovvero madre di tutti, non potrà che sforzarsi di alimentare la cultura dell’accoglienza e della solidarietà, ovvero la cultura della prossimità. In questa cultura nessuno è inutile, nessuno fuori posto o da scartare da parte dei Paesi di approdo, come l’Italia. A questo riguardo, l’agire missionario e di prossimità di don Rigazzi a Cassibile trovò una comunità molto accogliente, composta da  persone perbene, dotate di alto senso di solidarietà, pur vivendo in un territorio già fortemente penalizzato da criticità  di amministrazione che colpivano soprattutto i meno abbienti. E tra essi i giovani. Ma l’immigrazione verso l’Europa comporta anche dei profili sociali, economici e politici. In merito, mi sembra che la questione più rilevante (alla quale anche la Chiesa è interessata e collabora) è quella d’instaurare una corretta politica per l’immigrazione. Come governare in maniera razionale il fenomeno dell’immigrazione, soprattutto stagionale? Queste domande di natura sociopolitica esistevano anche prima dei fenomeni migratori di massa di questi ultimi tempi”.
Quindi è intervenuto mons. Cristiano Bettega, direttore  dell’Ufficio Nazionale per il Dialogo Interreligioso: “Da anni si insiste sulla necessità che le religioni dialoghino tra loro. Bisogna che tutti ci impegniamo a riscoprire la vera motivazione che ci spinge al dialogo: il fondamento del dialogo ci porta direttamente al cuore della fede di ciascuno di noi. Il compito fondamentale di ogni fede è quello di educare l’uomo ad essere più uomo, cioè ad essere aperto al dialogo con l’Altro. Allora il dialogo non è una dimensione della fede, il dialogo è la fede, è una sorta di vera e costante conversione alla propria fede. Legata a questa, una seconda sfida: sostenere la conversione. E parlare di conversione non può e non deve essere mai rivolto all’altro, come a dire che l’altro deve cambiare il suo modo di porsi e di pensare; devo essere sempre io il primo a convertirmi, ciascuno di noi deve riconoscere la necessità di essere in continuo stato di conversione. Poi il dialogo credo sia chiamato a sostenere la verità dell’uguaglianza di tutti: sulla base di Gen 1,26, secondo cui ogni uomo è creato a immagine e somiglianza del Creatore. E qui si apre una strada senza fine: perché riconoscere che la persona che ho di fronte prima di appartenere alla mia stessa fede o a una fede altra dalla mia o a nessuna fede, appartiene a Dio. Questa uguaglianza però non può essere globalizzazione: per questo il dialogo credo sia chiamato a sostenere la diversità, a volte anche la contraddizione presente tra le diverse fedi. E allora credo che qui si intravveda quale sia la sfida più urgente per la Chiesa, per ciascun cristiano: la sfida cioè di sostenere la testimonianza. Seguire il Vangelo, seguire Gesù di Nazareth per i cristiani non è un fatto di tradizione culturale, geografica, ambientale. È scelta di vita, da rimotivare ogni mattina, da verificare ogni sera, da tradurre in ogni gesto. Lo stile del Vangelo, stile di rispetto, accoglienza, riconciliazione, servizio, amore: questo stile di Vangelo è la possibilità che tutti coloro che incontriamo entrino in contatto con la Chiesa e con Gesù Signore, e quindi con la sua salvezza. Incontrare un credente convinto, disposto a tutto per amore, non lascia indifferente nessuno. E appunto l’ultima sfida per il dialogo oggi credo sia proprio quella di sostenere il Mistero; che in altre parole è l’apertura verso un Dio che posso intuire, mai comprendere; un Dio che non ha volto ma si fa riconoscere nel volto dell’altro, di modo che proprio l’altro diventa il luogo in cui io posso incontrare Dio”.
La parola è passata a Daniele Garrone, pastore Valdese; Gianpaolo Anderlini, Biblista; Marco Mazzeo, componente dell’Ufficio Ecumenismo e Dialogo Interreligioso dell’Arcidiocesi di Siracusa; Bruno Segre, ricercatore e operatore culturale indipendente. Mostafa El Ayoubi, caporedattore di Confronti, ha evidenziato: “Noi viviamo in un villaggio globale, dove c’è una distanza tra persone che appartengono a culture e religioni diverse: vivono accanto all’altro, ognuno però con i propri pregiudizi e preconcetti, disattendendo gli insegnamenti della propria fede. Il Corano dice che bisogna rispettare l’altro o lo straniero in terra islamica. Ma basta pensare alla situazione catacombale dei cristiani in Arabia Saudita contraria alla religione islamica. Il profeta raccomanda il rispetto dell’altro. “Chi uccide straniero il terra musulmana non sentirà mai l’odore del paradiso” dice un detto. L’estremismo islamico detto anche jihadismo con atti di violenza nei confronti dell’altro dimostrano che una parte della realtà islamica non è in grado di rispettare i dettami della propria fede. Questo vale anche per la religione cristiana. In Europa arrivano centinaia di migliaia. Dei cinque milioni di immigrati presenti sul territorio italiano, il 33 per cento è di religione islamica. Spesso le politiche di integrazione sono inadeguate all’insegnamento dei cristiani”.
Brunetto Salvarani, teologo e biblista, direttore della rivista QOL, ha ricordato: “Oggi dobbiamo rileggere il Vangelo alla luce dei segni dei tempi, come diceva Giovanni XXIII. Un segno dei tempi è la società pluralista e per alcune zone dell’Italia questa nuova accoglienza di stranieri mette a dura prova e ci chiede di prendere sul serio il Vangelo. E’ una sfida importante e ineludibile. Io vedo il prevalere di una cultura individualista e chiusa nell’altro che è il segno di questa società malata e con molti problemi. Non prendiamo sul serio il Vangelo, non lo conosciamo e non lo leggiamo: Gesù è chiarissimo in Matteo. Arriva a sostenere che la questione di fondo è dare da mangiare agli affamati, indipendentemente dalle appartenenze e dalla caselle ideologiche. Il servizio verso l’ultimo. Se noi conoscessimo il Vangelo vinceremmo la paura che è un dato antropologico che oggi c’è ed e diffusa, quindi non c’è da scandalizzarsi. Gesù ci invita a vincere la paura”. Ancora gli interventi di Giuseppe Mazzotta, direttore dell’Ufficio diocesano Apostolato del mare; e Raffaello Zini della redazione di QOL. Infine don Luigi Corciulo, neo direttore dell’Ufficio diocesano per le migrazioni, ha sottolineato l’azione della Chiesa in figure come quella di don Rigazzi: “Questa è un’ opportunità per valorizzare l’azione della Chiesa e di un prete che è stato esempio. Ha iniziato l’accoglienza aprendo la sua chiesa. Facendo in modo che fosse dettata dal Vangelo. Un’occasione per educarci ad un’accoglienza che dovrebbe essere impronta del nostro essere cristiani e poi ad una convivenza che diventa capacità di conoscerci ed accettarci.  Purtroppo facciamo fatica ad accettare chi è diverso da noi, anche chi ha orari diversi per mangiare o per pregare, perché guardiamo solo al nostro quotidiano”.
L’incontro è stato organizzato da tre uffici pastorali dell’Arcidiocesi di Siracusa (l’Ufficio diocesano per le migrazioni, l’Ufficio diocesano per l’Apostolato del mare, l’Ufficio diocesano per l’Ecumenismo e il Dialogo interreligioso) e dalla rivista di studi biblici ed ecumenici QOL, e promosso dall’Unedi (Ufficio Nazionale per l’Ecumenismo e il Dialogo Interreligioso) e dall’Uredi (Ufficio regionale per l’Ecumenismo e il Dialogo Interreligioso).