“Dobbiamo imparare a donare il pane”

La Chiesa è chiamata oggi a rendere riconoscibile il Signore Gesù, il Crocifisso-Risorto, nello spezzare il pane per donarlo a quanti hanno fame del pane del lavoro, del pane della casa, del pane dell’accoglienza, del pane della fraternità e della pace”. Così mons. Salvatore Pappalardo, nella sua riflessione al piazzale del Pantheon al termine della processione eucaristica dal Santuario.
La partecipazione alla celebrazione e a questa processione del SS.mo Sacramento per le vie della città manifesta la nostra identità di cristiani, cioè di credenti nel Signore Gesù e suoi discepoli – ha detto mons. Pappalardo –. Professiamo questa nostra adesione al Cristo non in termini di vaga religiosità, ma lasciandoci illuminare e guidare dalla Parola del Vangelo e partecipando a quel rito memoriale da Lui istituito e fedelmente custodito dalla tradizione della Chiesa: «Gesù prese del pane…, lo spezzò…  fate questo in memoria di me» (1 Cor 11,24). Lo “spezzare il pane” di Gesù non è la semplice azione di chi si siede a tavola per il pasto. Questo gesto di Gesù è simbolico, rinvia a tutta la sua esistenza: il pane spezzato è la sua vita donata, dall’inizio sino alla fine sulla croce.
Sintomatico il racconto dei discepoli di Emmaus che riconoscono il Signore Risorto nel gesto di spezzare il pane
(cfr. Lc 24,30-31). La celebrazione eucaristica identifica il volto della comunità cristiana. La celebrazione è essa stessa normativa della vita dei cristiani. L’autentica partecipazione all’Eucaristia comporta il rinnovato proposito di spendere la vita al servizio del prossimo. La comunione sacramentale con Cristo genera anche la comunione con i fratelli”.
L’arcivescovo ha sottolineato la necessità di vivere il Vangelo tutti i giorni: “Noi – ciascuno di noi – che ci riconosciamo discepoli di Cristo nello spezzare il pane, dobbiamo imparare, come ha fatto Lui, a fare della nostra vita un dono per gli altri: siano i fratelli poveri, malati, anziani che vivono nelle nostre famiglie, siano i volti sconosciuti dei tanti immigrati che incontriamo per le vie della nostra città: a tutti siamo debitori della carità di Cristo!
Una particolare attenzione in questo momento meritano proprio gli immigrati. L’arrivo di migliaia di uomini e donne, favorito dall’operazione Mare nostrum, interpella certamente la nostra società ai vari livelli, locale, regionale, nazionale, internazionale, ma interpella con urgenza anche la comunità cristiana.
Senza sottacere quanto con grande senso di responsabilità stanno facendo le Autorità istituzionali locali, coordinate dal Prefetto, al fine di assicurare l’accoglienza temporanea di questi migranti in strutture del nostro territorio; né, tanto meno, sottovalutando l’impegno veramente lodevole delle comunità parrocchiali più direttamente interessate a questo fenomeno (mi riferisco alla parrocchie della città di Augusta, nel cui porto avvengono gli sbarchi), dobbiamo riconoscere con onestà che, pur in presenza di tanta generosità da parte di singoli e di gruppi impegnati nell’accoglienza dei fratelli migranti, le nostre comunità non mostrano di essere, nel loro complesso, sufficientemente sensibili e preparate a relazionarsi con la realtà drammatica della immigrazione. Come cristiani siamo chiamati a considerare il fenomeno migratorio non solo come emergenza, ma piuttosto come occasione propizia per capire ciò che lo Spirito Santo chiede oggi alle nostre Chiese”