Migrazioni forzate e accoglienza

Ripensare le migrazioni. L’invito arriva da Augusta (Siracusa) dove si è tenuto il convegno dell’Ufficio regionale per le Migrazioni e dell’Ufficio regionale per la carità della Cesi.  Ripensare le migrazioni per la necessità di ripensare la strategia dell’accoglienza. Caritas e Fondazione Migrantes propongono di andare a prelevare i rifugiati direttamente nei luoghi limitrofi ai conflitti o garantire loro la possibilità di chiedere asilo politico presso le ambasciate senza bisogno di arrivare in Italia. Una realtà lontana, troppo lontana. Della quale veniamo a conoscenza dai racconti drammatici: “Ha solo sedici anni – spiega Simona Cascio di AccoglieRete – ma è segnata da torture e abusi. Una ragazza nigeriana si è ritrovata sola nel 2012, quando una bomba in chiesa ha ucciso entrambi i genitori. E’ durato alcuni anni il suo viaggio fino alla Libia e poi in Italia.  Mesi terribili che non sarà facile farle dimenticare. E sono tantissimi i casi di torture con le scosse elettriche. La violenza, soprattutto sui più piccoli ed indifesi, sta aumentando perché manca un controllo. Un giovane eritreo è partito con tutta la famiglia, erano in cinque. E’ stato un lento sterminio. E’ arrivato in Sicilia da solo”.
La Sicilia vive un momento difficile. Fa autocritica l’arcivescovo di Siracusa, Salvatore Pappalardo: “Dobbiamo riconoscere che pur in presenza di tanta generosità da parte dei singoli e di gruppi impegnati , le nostre comunità non mostrano di essere, nel loro complesso sensibili a relazionarsi con la realtà drammatica della migrazione. Diffidenza e paure inconfessate, difficoltà di aprirsi a ciò che è nuovo, costituiscono un barriera difficile da superare. Occorrono passi perché le nostre Chiese non si ritrovino dalla parte opposta a quella nella quale si trova Dio”. Le criticità comuni alle diocesi di Agrigento, Palermo, Piana degli albanesi, Ragusa e Siracusa riguardano lo scarso preavviso, la mancanza di chiarezza relativa alla durata della permanenza degli ospiti nelle strutture di accoglienza, la pianificazione dei servizi, la lentezza burocratica nel rilascio dei documenti.
Nella due giorni siracusana sono stati forniti numeri, dati, raccontate testimonianze di chi vive quotidianamente l’accoglienza. Kabà, senegalese, ringrazia padre Angelo per l’abbraccio che lo ha fatto sentire in famiglia, a casa. Vive nella parrocchia Santa Lucia ad Augusta: la comunità si prende cura del vitto, alloggio e studio di tre ragazzi. C’è padre Carlo, da anni punto di riferimento di centinaia di migranti, e sempre ad Augusta padre Giuseppe. A Priolo, una comunità parrocchiale è pronta ad accogliere quattro ragazzi. Forme di affido. Quelle veramente tali sono una quindicina. Ma esistono i tutor, circa 60 per oltre 200 minori. Sono stati la risposta all’arrivo in massa dei minori non accompagnati. Coppie e famiglie che hanno sentito il bisogno di accogliere.