Il fenomeno dei migranti oggi è un segno dei tempi, e interpella credenti e non credenti a risolvere il problema della ospitalità e dell’accoglienza. Questo il punto di partenza del convegno ecumenico ed interreligioso, “Accogliamoci l’un l’altro – Amate il forestiero (Dt 10,19)” all’Istituto Superiore di Scienze Religiose “San Metodio”.
Accogliamoci l’un l’altro, interpellando i rappresentanti di diverse religioni, e pensatori laici, facendoli interagire in chiave interdisciplinare, sul piano etico, scientifico, religioso e politico, per una analisi maggiormente attenta e approfondita delle questioni aperte dal problema migrazioni e per garantire dignità a chi per svariati motivi, è costretto a rischio della propria vita a lasciare il proprio paese, nella speranza di trovare, “una terra promessa”.
Il problema in primo luogo, è politico, perché le società devono trovare risoluzioni per orientare e gestire movimenti così epocali. La Bibbia, non offre soluzioni a questo problema, ma sin dall’inizio da Genesi affronta il problema dello straniero. Un convegno per far memoria, a quasi tre anni dalla scomparsa di padre Arcangelo Rigazzi (1945/2012), sacerdote impegnato da sempre nell’accoglienza del diverso, dell’ultimo, dello straniero. E perché questo lembo di Sicilia è terra di frontiera, costretta a vivere sulla propria pelle il dramma umano e le tragedie dei migranti. E’ oggi sempre più importante e urgente approfondire il problema, sia in ambito religioso che laico, in particolare se si considera che ogni giorno quasi ormai nell’indifferenza generale, si consumano immani tragedie con centinaia di morti.
“La Bibbia ebraica – ha spiegato don Nisi Candido, direttore dell’ISSR San Metodio – usa tre termini per indicare “lo straniero”, o “forestiero” che, come diceva il Cardinale Martini, riflettono l’esperienza sofferta dei Figli d’Israele: «Tre termini nei quali si può leggere qualcosa dell’esperienza sofferta e dinamica di Israele e del cammino della rivelazione nel cuore di questo popolo»; zar lo straniero lontano, nokri, lo straniero di passaggio, gher o thosav, lo straniero residente. Il pensiero ebraico sullo straniero si evolve da negativo in positivo dopo l’esilio Babilonese verso il VI secolo a.e.v.. Il Nuovo Testamento, fa un ulteriore passo avanti, in Mt 25,35ss, Gesù dichiara: “Perche io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero un forestiero e mi avete ospitato[…]In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”, l’accoglienza dello del povero, dello straniero diventa una Imitatio Christi”.
Il convegno si è aperto con il saluto di mons. Salvatore Pappalardo, arcivescovo di Siracusa. Impedimento dell’ultimo momento per Vincenzo Bertolone, arcivescovo di Catanzaro e Squillace, che ha voluto inviare un suo ricordo di don Arcangelo Rigazzi. “Il suo fu ministero di prossimità: verso gli immigrati, i forestieri, gli aramei erranti evocati nello Shemà Israel. Se la Chiesa è madre senza confini e senza frontiere, ovvero madre di tutti, non potrà che sforzarsi di alimentare la cultura dell’accoglienza e della solidarietà, ovvero la cultura della prossimità. In questa cultura nessuno è inutile, nessuno fuori posto o da scartare da parte dei Paesi di approdo, come l’Italia. A questo riguardo, l’agire missionario e di prossimità di don Rigazzi a Cassibile trovò una comunità molto accogliente, composta da persone perbene, dotate di alto senso di solidarietà, pur vivendo in un territorio già fortemente penalizzato da criticità di amministrazione che colpivano soprattutto i meno abbienti. E tra essi i giovani. Ma l’immigrazione verso l’Europa comporta anche dei profili sociali, economici e politici. In merito, mi sembra che la questione più rilevante (alla quale anche la Chiesa è interessata e collabora) è quella d’instaurare una corretta politica per l’immigrazione. Come governare in maniera razionale il fenomeno dell’immigrazione, soprattutto stagionale? Queste domande di natura sociopolitica esistevano anche prima dei fenomeni migratori di massa di questi ultimi tempi”.
Quindi è intervenuto mons. Cristiano Bettega, direttore dell’Ufficio Nazionale per il Dialogo Interreligioso: “Da anni si insiste sulla necessità che le religioni dialoghino tra loro. Bisogna che tutti ci impegniamo a riscoprire la vera motivazione che ci spinge al dialogo: il fondamento del dialogo ci porta direttamente al cuore della fede di ciascuno di noi. Il compito fondamentale di ogni fede è quello di educare l’uomo ad essere più uomo, cioè ad essere aperto al dialogo con l’Altro. Allora il dialogo non è una dimensione della fede, il dialogo è la fede, è una sorta di vera e costante conversione alla propria fede. Legata a questa, una seconda sfida: sostenere la conversione. E parlare di conversione non può e non deve essere mai rivolto all’altro, come a dire che l’altro deve cambiare il suo modo di porsi e di pensare; devo essere sempre io il primo a convertirmi, ciascuno di noi deve riconoscere la necessità di essere in continuo stato di conversione. Poi il dialogo credo sia chiamato a sostenere la verità dell’uguaglianza di tutti: sulla base di Gen 1,26, secondo cui ogni uomo è creato a immagine e somiglianza del Creatore. E qui si apre una strada senza fine: perché riconoscere che la persona che ho di fronte prima di appartenere alla mia stessa fede o a una fede altra dalla mia o a nessuna fede, appartiene a Dio. Questa uguaglianza però non può essere globalizzazione: per questo il dialogo credo sia chiamato a sostenere la diversità, a volte anche la contraddizione presente tra le diverse fedi. E allora credo che qui si intravveda quale sia la sfida più urgente per la Chiesa, per ciascun cristiano: la sfida cioè di sostenere la testimonianza. Seguire il Vangelo, seguire Gesù di Nazareth per i cristiani non è un fatto di tradizione culturale, geografica, ambientale. È scelta di vita, da rimotivare ogni mattina, da verificare ogni sera, da tradurre in ogni gesto. Lo stile del Vangelo, stile di rispetto, accoglienza, riconciliazione, servizio, amore: questo stile di Vangelo è la possibilità che tutti coloro che incontriamo entrino in contatto con la Chiesa e con Gesù Signore, e quindi con la sua salvezza. Incontrare un credente convinto, disposto a tutto per amore, non lascia indifferente nessuno. E appunto l’ultima sfida per il dialogo oggi credo sia proprio quella di sostenere il Mistero; che in altre parole è l’apertura verso un Dio che posso intuire, mai comprendere; un Dio che non ha volto ma si fa riconoscere nel volto dell’altro, di modo che proprio l’altro diventa il luogo in cui io posso incontrare Dio”.
La parola è passata a Daniele Garrone, pastore Valdese; Gianpaolo Anderlini, Biblista; Marco Mazzeo, componente dell’Ufficio Ecumenismo e Dialogo Interreligioso dell’Arcidiocesi di Siracusa; Bruno Segre, ricercatore e operatore culturale indipendente. Mostafa El Ayoubi, caporedattore di Confronti, ha evidenziato: “Noi viviamo in un villaggio globale, dove c’è una distanza tra persone che appartengono a culture e religioni diverse: vivono accanto all’altro, ognuno però con i propri pregiudizi e preconcetti, disattendendo gli insegnamenti della propria fede. Il Corano dice che bisogna rispettare l’altro o lo straniero in terra islamica. Ma basta pensare alla situazione catacombale dei cristiani in Arabia Saudita contraria alla religione islamica. Il profeta raccomanda il rispetto dell’altro. “Chi uccide straniero il terra musulmana non sentirà mai l’odore del paradiso” dice un detto. L’estremismo islamico detto anche jihadismo con atti di violenza nei confronti dell’altro dimostrano che una parte della realtà islamica non è in grado di rispettare i dettami della propria fede. Questo vale anche per la religione cristiana. In Europa arrivano centinaia di migliaia. Dei cinque milioni di immigrati presenti sul territorio italiano, il 33 per cento è di religione islamica. Spesso le politiche di integrazione sono inadeguate all’insegnamento dei cristiani”.
Brunetto Salvarani, teologo e biblista, direttore della rivista QOL, ha ricordato: “Oggi dobbiamo rileggere il Vangelo alla luce dei segni dei tempi, come diceva Giovanni XXIII. Un segno dei tempi è la società pluralista e per alcune zone dell’Italia questa nuova accoglienza di stranieri mette a dura prova e ci chiede di prendere sul serio il Vangelo. E’ una sfida importante e ineludibile. Io vedo il prevalere di una cultura individualista e chiusa nell’altro che è il segno di questa società malata e con molti problemi. Non prendiamo sul serio il Vangelo, non lo conosciamo e non lo leggiamo: Gesù è chiarissimo in Matteo. Arriva a sostenere che la questione di fondo è dare da mangiare agli affamati, indipendentemente dalle appartenenze e dalla caselle ideologiche. Il servizio verso l’ultimo. Se noi conoscessimo il Vangelo vinceremmo la paura che è un dato antropologico che oggi c’è ed e diffusa, quindi non c’è da scandalizzarsi. Gesù ci invita a vincere la paura”. Ancora gli interventi di Giuseppe Mazzotta, direttore dell’Ufficio diocesano Apostolato del mare; e Raffaello Zini della redazione di QOL. Infine don Luigi Corciulo, neo direttore dell’Ufficio diocesano per le migrazioni, ha sottolineato l’azione della Chiesa in figure come quella di don Rigazzi: “Questa è un’ opportunità per valorizzare l’azione della Chiesa e di un prete che è stato esempio. Ha iniziato l’accoglienza aprendo la sua chiesa. Facendo in modo che fosse dettata dal Vangelo. Un’occasione per educarci ad un’accoglienza che dovrebbe essere impronta del nostro essere cristiani e poi ad una convivenza che diventa capacità di conoscerci ed accettarci. Purtroppo facciamo fatica ad accettare chi è diverso da noi, anche chi ha orari diversi per mangiare o per pregare, perché guardiamo solo al nostro quotidiano”.
L’incontro è stato organizzato da tre uffici pastorali dell’Arcidiocesi di Siracusa (l’Ufficio diocesano per le migrazioni, l’Ufficio diocesano per l’Apostolato del mare, l’Ufficio diocesano per l’Ecumenismo e il Dialogo interreligioso) e dalla rivista di studi biblici ed ecumenici QOL, e promosso dall’Unedi (Ufficio Nazionale per l’Ecumenismo e il Dialogo Interreligioso) e dall’Uredi (Ufficio regionale per l’Ecumenismo e il Dialogo Interreligioso).