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Solennità del Corpus domini

Si celebra domenica 7 giugno la solennità del Corpus Domini. Alle ore 19.00 l’arcivescovo mons. Salvatore Pappalardo presiederà la solenne celebrazione eucaristica nella Basilica Santuario della Madonna delle Lacrime. Seguirà la processione che percorrerà la via del Santuario, piazza della Vittoria, corso Timoleonte, piazza Euripide, largo Gilippo, via Diaz, fooro Siracusano (piazzale del Pantheon).
“Carissimi fedeli – ha scritto l’arcivescovo mons. Pappalardo -, la solennità del Corpo e Sangue di Cristo fa risplendere l’amore infinito e misericordioso del Padre, che ci dona il suo Figlio, del Figlio che si fa pane spezzato per noi, dello Spirito Santo che ci santifica nell’unità della Chiesa. Soltanto nutrendoci del Pane eucaristico anche noi diventiamo pane spezzato per i fratelli che incontriamo nel nostro cammino e testimoni della fede, ad imitazione dei nostri tanti fratelli perseguitati perché cristiani”.

Riscoprire il dialogo con l’altro

 Il fenomeno dei migranti oggi è un segno dei tempi, e interpella credenti e non credenti a risolvere il problema della ospitalità e dell’accoglienza. Questo il punto di partenza del convegno ecumenico ed interreligioso, “Accogliamoci l’un l’altro – Amate il forestiero (Dt 10,19)”  all’Istituto Superiore di Scienze Religiose “San Metodio”.
Accogliamoci l’un l’altro, interpellando i rappresentanti di diverse religioni, e pensatori laici, facendoli interagire in chiave interdisciplinare, sul piano etico, scientifico, religioso e politico, per una analisi maggiormente attenta e approfondita delle questioni aperte dal problema migrazioni e per garantire dignità a chi per svariati motivi, è costretto a rischio della propria vita a lasciare il proprio paese, nella speranza di trovare, “una terra promessa”.
Il problema in primo luogo, è politico, perché le società devono trovare risoluzioni per orientare e gestire movimenti così epocali. La Bibbia, non offre soluzioni a questo problema, ma sin dall’inizio da Genesi affronta il problema dello straniero. Un convegno per far memoria, a quasi tre anni dalla scomparsa di padre Arcangelo Rigazzi (1945/2012), sacerdote impegnato da sempre nell’accoglienza del diverso, dell’ultimo, dello straniero. E perché questo lembo di Sicilia è  terra di frontiera, costretta a vivere sulla propria pelle il dramma umano e le tragedie dei migranti. E’ oggi sempre più importante e urgente approfondire il problema, sia in ambito religioso che laico, in particolare se si considera che ogni giorno quasi ormai nell’indifferenza generale, si consumano immani tragedie con centinaia di morti. 
“La Bibbia ebraica – ha spiegato don Nisi Candido, direttore dell’ISSR San Metodio – usa tre termini per indicare “lo straniero”, o “forestiero” che, come diceva il Cardinale Martini, riflettono l’esperienza sofferta dei Figli d’Israele: «Tre termini nei quali si può leggere qualcosa dell’esperienza sofferta e dinamica di Israele e del cammino della rivelazione nel cuore di questo popolo»; zar lo straniero lontano, nokri, lo straniero di passaggio, gher o thosav, lo straniero residente. Il pensiero ebraico sullo straniero si evolve da negativo in positivo dopo l’esilio Babilonese verso il VI secolo a.e.v.. Il Nuovo Testamento, fa un ulteriore passo avanti, in Mt 25,35ss, Gesù dichiara: “Perche io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero un forestiero e mi avete ospitato[…]In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”, l’accoglienza dello del povero, dello straniero diventa una Imitatio Christi”.
Il convegno si è aperto con il saluto di mons. Salvatore Pappalardo, arcivescovo di Siracusa. Impedimento dell’ultimo momento per Vincenzo Bertolone, arcivescovo di Catanzaro e Squillace, che ha voluto inviare un suo ricordo di don Arcangelo Rigazzi. “Il suo fu ministero di prossimità: verso gli immigrati, i forestieri, gli aramei erranti evocati nello Shemà Israel. Se la Chiesa è madre senza confini e senza frontiere, ovvero madre di tutti, non potrà che sforzarsi di alimentare la cultura dell’accoglienza e della solidarietà, ovvero la cultura della prossimità. In questa cultura nessuno è inutile, nessuno fuori posto o da scartare da parte dei Paesi di approdo, come l’Italia. A questo riguardo, l’agire missionario e di prossimità di don Rigazzi a Cassibile trovò una comunità molto accogliente, composta da  persone perbene, dotate di alto senso di solidarietà, pur vivendo in un territorio già fortemente penalizzato da criticità  di amministrazione che colpivano soprattutto i meno abbienti. E tra essi i giovani. Ma l’immigrazione verso l’Europa comporta anche dei profili sociali, economici e politici. In merito, mi sembra che la questione più rilevante (alla quale anche la Chiesa è interessata e collabora) è quella d’instaurare una corretta politica per l’immigrazione. Come governare in maniera razionale il fenomeno dell’immigrazione, soprattutto stagionale? Queste domande di natura sociopolitica esistevano anche prima dei fenomeni migratori di massa di questi ultimi tempi”.
Quindi è intervenuto mons. Cristiano Bettega, direttore  dell’Ufficio Nazionale per il Dialogo Interreligioso: “Da anni si insiste sulla necessità che le religioni dialoghino tra loro. Bisogna che tutti ci impegniamo a riscoprire la vera motivazione che ci spinge al dialogo: il fondamento del dialogo ci porta direttamente al cuore della fede di ciascuno di noi. Il compito fondamentale di ogni fede è quello di educare l’uomo ad essere più uomo, cioè ad essere aperto al dialogo con l’Altro. Allora il dialogo non è una dimensione della fede, il dialogo è la fede, è una sorta di vera e costante conversione alla propria fede. Legata a questa, una seconda sfida: sostenere la conversione. E parlare di conversione non può e non deve essere mai rivolto all’altro, come a dire che l’altro deve cambiare il suo modo di porsi e di pensare; devo essere sempre io il primo a convertirmi, ciascuno di noi deve riconoscere la necessità di essere in continuo stato di conversione. Poi il dialogo credo sia chiamato a sostenere la verità dell’uguaglianza di tutti: sulla base di Gen 1,26, secondo cui ogni uomo è creato a immagine e somiglianza del Creatore. E qui si apre una strada senza fine: perché riconoscere che la persona che ho di fronte prima di appartenere alla mia stessa fede o a una fede altra dalla mia o a nessuna fede, appartiene a Dio. Questa uguaglianza però non può essere globalizzazione: per questo il dialogo credo sia chiamato a sostenere la diversità, a volte anche la contraddizione presente tra le diverse fedi. E allora credo che qui si intravveda quale sia la sfida più urgente per la Chiesa, per ciascun cristiano: la sfida cioè di sostenere la testimonianza. Seguire il Vangelo, seguire Gesù di Nazareth per i cristiani non è un fatto di tradizione culturale, geografica, ambientale. È scelta di vita, da rimotivare ogni mattina, da verificare ogni sera, da tradurre in ogni gesto. Lo stile del Vangelo, stile di rispetto, accoglienza, riconciliazione, servizio, amore: questo stile di Vangelo è la possibilità che tutti coloro che incontriamo entrino in contatto con la Chiesa e con Gesù Signore, e quindi con la sua salvezza. Incontrare un credente convinto, disposto a tutto per amore, non lascia indifferente nessuno. E appunto l’ultima sfida per il dialogo oggi credo sia proprio quella di sostenere il Mistero; che in altre parole è l’apertura verso un Dio che posso intuire, mai comprendere; un Dio che non ha volto ma si fa riconoscere nel volto dell’altro, di modo che proprio l’altro diventa il luogo in cui io posso incontrare Dio”.
La parola è passata a Daniele Garrone, pastore Valdese; Gianpaolo Anderlini, Biblista; Marco Mazzeo, componente dell’Ufficio Ecumenismo e Dialogo Interreligioso dell’Arcidiocesi di Siracusa; Bruno Segre, ricercatore e operatore culturale indipendente. Mostafa El Ayoubi, caporedattore di Confronti, ha evidenziato: “Noi viviamo in un villaggio globale, dove c’è una distanza tra persone che appartengono a culture e religioni diverse: vivono accanto all’altro, ognuno però con i propri pregiudizi e preconcetti, disattendendo gli insegnamenti della propria fede. Il Corano dice che bisogna rispettare l’altro o lo straniero in terra islamica. Ma basta pensare alla situazione catacombale dei cristiani in Arabia Saudita contraria alla religione islamica. Il profeta raccomanda il rispetto dell’altro. “Chi uccide straniero il terra musulmana non sentirà mai l’odore del paradiso” dice un detto. L’estremismo islamico detto anche jihadismo con atti di violenza nei confronti dell’altro dimostrano che una parte della realtà islamica non è in grado di rispettare i dettami della propria fede. Questo vale anche per la religione cristiana. In Europa arrivano centinaia di migliaia. Dei cinque milioni di immigrati presenti sul territorio italiano, il 33 per cento è di religione islamica. Spesso le politiche di integrazione sono inadeguate all’insegnamento dei cristiani”.
Brunetto Salvarani, teologo e biblista, direttore della rivista QOL, ha ricordato: “Oggi dobbiamo rileggere il Vangelo alla luce dei segni dei tempi, come diceva Giovanni XXIII. Un segno dei tempi è la società pluralista e per alcune zone dell’Italia questa nuova accoglienza di stranieri mette a dura prova e ci chiede di prendere sul serio il Vangelo. E’ una sfida importante e ineludibile. Io vedo il prevalere di una cultura individualista e chiusa nell’altro che è il segno di questa società malata e con molti problemi. Non prendiamo sul serio il Vangelo, non lo conosciamo e non lo leggiamo: Gesù è chiarissimo in Matteo. Arriva a sostenere che la questione di fondo è dare da mangiare agli affamati, indipendentemente dalle appartenenze e dalla caselle ideologiche. Il servizio verso l’ultimo. Se noi conoscessimo il Vangelo vinceremmo la paura che è un dato antropologico che oggi c’è ed e diffusa, quindi non c’è da scandalizzarsi. Gesù ci invita a vincere la paura”. Ancora gli interventi di Giuseppe Mazzotta, direttore dell’Ufficio diocesano Apostolato del mare; e Raffaello Zini della redazione di QOL. Infine don Luigi Corciulo, neo direttore dell’Ufficio diocesano per le migrazioni, ha sottolineato l’azione della Chiesa in figure come quella di don Rigazzi: “Questa è un’ opportunità per valorizzare l’azione della Chiesa e di un prete che è stato esempio. Ha iniziato l’accoglienza aprendo la sua chiesa. Facendo in modo che fosse dettata dal Vangelo. Un’occasione per educarci ad un’accoglienza che dovrebbe essere impronta del nostro essere cristiani e poi ad una convivenza che diventa capacità di conoscerci ed accettarci.  Purtroppo facciamo fatica ad accettare chi è diverso da noi, anche chi ha orari diversi per mangiare o per pregare, perché guardiamo solo al nostro quotidiano”.
L’incontro è stato organizzato da tre uffici pastorali dell’Arcidiocesi di Siracusa (l’Ufficio diocesano per le migrazioni, l’Ufficio diocesano per l’Apostolato del mare, l’Ufficio diocesano per l’Ecumenismo e il Dialogo interreligioso) e dalla rivista di studi biblici ed ecumenici QOL, e promosso dall’Unedi (Ufficio Nazionale per l’Ecumenismo e il Dialogo Interreligioso) e dall’Uredi (Ufficio regionale per l’Ecumenismo e il Dialogo Interreligioso).

Accogliamoci l’un l’altro

“Accogliamoci l’un l’altro – Amate il forestiero (Dt 10,19)” è il titolo del convegno ecumenico ed interreligioso, che si svolgerà martedì 2 giugno a partire dalle 9.00 all’Istituto di Scienze Religiose “San Metodio” di via della Conciliazione, organizzato da tre uffici pastorali dell’Arcidiocesi di Siracusa (l’Ufficio diocesano per le migrazioni, l’Ufficio diocesano per l’Apostolato del mare, l’Ufficio diocesano per l’Ecumenismo e il Dialogo interreligioso) e dalla rivista di studi biblici ed ecumenici QOL. È promosso dall’Unedi (Ufficio Nazionale per l’Ecumenismo e il Dialogo Interreligioso) e dall’Uredi (Ufficio regionale per l’Ecumenismo e il Dialogo Interreligioso). Il fenomeno dei migranti oggi come in altre epoche storiche è un segno dei tempi, e interpella credenti e non credenti a risolvere il problema della ospitalità e dell’accoglienza.
Il Convegno mira a verificare come le varie religioni e il pensiero laico sentono oggi il problema dello straniero, del diverso, dell’altro, e quali soluzioni propongono, per facilitare un cammino di comprensione e di convivenza pacifica in un mondo più vivibile, perché i processi migratori in atto sono uno degli elementi che pongono in modo nuovo la questione dell’incontro con lo straniero.
Un convegno per far memoria, a quasi tre anni dalla scomparsa di padre Arcangelo Rigazzi, sacerdote impegnato da sempre nell’accoglienza del diverso, dell’ultimo, dello straniero

Rifondiamoci dedicato all’altro

 Oltre 1600 persone assistite, complessivamente, di età compresa tra i 19 ed i 76 anni, italiani ed immigrati. Si è concluso, dopo un anno, il progetto della Caritas diocesana “Rifondiamoci” finalizzato all’aiuto del prossimo, soprattutto delle nuove povertà. Il progetto è stato gestito dalla CaritasDiocesana di Siracusa e cofinanziato attraverso i fondi della Cei 8xmille e con il contributo dell’Arcidiocesi di Siracusa. “Siamo qui come Chiesa – ha detto mons. Sebastiano Amenta, vicario generale dell’Arcidiocesi di Siracusa -. Quel Vangelo che siamo chiamati ad annunciare si traduce in carità. Vedendo il povero ed il sofferente, da qualsiasi parte arrivi, noi vediamo il Cristo Crocifisso”. Sono intervenuti Filippo Villaruel, direttore della Caritas diocesana; e Francesco Mudanò, tutor del progetto. 
“I centri di ascolto – ha detto don Marco Tarascio, responsabile dei progetti Caritas – sono a
rrivati a persone che non frequentavano le parrocchie. Proviamo a dare una speranza. E stiamo ripartendo con altri progetti: uno destinato ai giovani, uno alle famiglie, e l’ultimo, in collaborazione con le suore scalabriniane, per monitorare i flussi migratori a Siracusa”Nel corso del progetto sono stati formati 40 volontari, creati 4 Centri d’ascolto in zone strategiche della Città che hanno fornito servizi specifici di ascolto, accompagnamento, sostegno al reddito, orientamento, supporto psicologico/relazionale, risposta ai bisogni urgenti attraverso il coinvolgimento di parrocchie e, grazie ad una convenzione con Epaca, patronato Coldiretti, consulenza previdenziale, sanitaria ed amministrativo-burocratica.Acquistati 16.915 prodotti alimentari e 2850 prodotti per l’igiene della personaNel dettaglio i volontari hanno affrontato problematiche di tipo abitativo 34,8%;  di tipo familiare/relazionale (separazione, divorzio, maternità nubile) 52,1%; di tipo reddituale 96,7%;  scolastiche 91,1%;  psicologico/relazionali 13,3%; occupazionali (disoccupazione, lavoro precario) 86,5%; di salute (gravi problemi di salute, handicap, situazioni post-traumatiche) 21,2%.  I centri d’ascolto hanno effettuato 1358 interventi, dai beni materiali di prima necessità (farmaci, alimenti, bombole gas, visite mediche specialistiche): 38,4%, al sostegno per il pagamento delle utenze 31,1%; dal pagamento canoni di locazione. 

Umanizzare l’economia

Si intitola “Umanizzare l’economia” l’incontro che avrà luogo lunedì 11 maggio ad Augusta nell’auditorium delle centro Caritas di via Pietro Frixa. L’evento che inizierà alle 18.30 vedrà la partecipazione di Giuseppe Notarstefano del Dipartimento di Scienze Economiche dell’università di Palermo. L’iniziativa fa parte di un ciclo di incontri pubblici promossi dall’Arcidiocesi di Siracusa in preparazione al convegno ecclesiale nazionale a novembre a Firenze.

Comunità in festa per Helenio e Rosolino

 

Diocesi in festa per due ordinazioni presbiterali. L’arcivescovo, mons. Salvatore Pappalardo, nella Basilica Santuario “Madonna delle Lacrime”, ha conferito l’ordinazione presbiterale ai diaconi don Helenio Schettini della Comunità della Basilica Santuario Madonna delle Lacrime a Siracusa e don Rosolino Vicino della parrocchia San Nicolò Vescovo – Chiesa Madre in Melilli. Inoltre ha ordinato diacono l’accolito Carmelo Scalia della parrocchia San Corrado Confalonieri a Siracusa. “Ogni volta che il Signore mi concede la grazia di imporre le mani per le sacre Ordinazioni, il primo sentimento che mi sorge spontaneo nel cuore è quello della gratitudine – ha detto l’arcivescovo -. Gratitudine al Signore, innanzitutto, che – fedele alla promessa “Vi darò pastori secondo il mio cuore” (Ger. 3,15) – non ci fa mancare i ministri del Vangelo e continua a suscitare vocazioni per questo specifico servizio ecclesiale. Gratitudine alle famiglie degli Ordinandi, ai Parroci, ai Superiori del Seminario e a quanti, a qualsiasi titolo, favoriscono e accompagnano il discernimento vocazionale e l’effettiva formazione al ministero sacro”.
Nella sua presentazione il rettore del Seminario, don Salvatore Caramagno, ha sottolineato: “Due compagni di Seminario e due fratelli nella fede, che hanno percepito la chiamata al presbiterato in luoghi e con modalità diverse: Helenio nella Basilica Santuario Madonna delle Lacrime a Siracusa, grazie alla sua esperienza nel gruppo Agesci, Siracusa 11. Rosolino nella parrocchia della Chiesa Madre di Melilli, in modo particolare grazie alla sua esperienza parrocchiale”.
Quindi l’arcivescovo si è rivolto ai due presbiteri: “Con la chiamata del Vescovo è il Signore Gesù che rivolge a ciascuno di voi l’invito alla speciale sequela in vista dell’esercizio del ministero sacerdotale. Come ai primi discepoli, anche a voi Egli dice: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini» (Mt 4,19). Considerate attentamente l’ufficio al quale siete promossi e assolvete con generosa dedizione agli impegni che esso comporta. Voi, carissimi Helenio e Rosolino, in virtù dell’Ordinazione presbiterale sarete insigniti del Sacerdozio di Cristo per continuarne la missione di maestro, sacerdote e pastore. «Partecipando alla missione di Cristo, capo e pastore, in comunione filiale con il vostro vescovo, impegnatevi a unire i fedeli in un’unica famiglia, per condurli a Dio Padre per mezzo di Cristo nello Spirito Santo. Abbiate sempre davanti agli occhi l’esempio del Buon Pastore, che non è venuto per essere servito, ma per servire, e per cercare e salvare ciò che era perduto» (Pontificale Romano). Centrale nel vostro ministero sia la celebrazione eucaristica nella quale unirete la vostra vita all’offerta sacrificale di Cristo e con la quale edificherete la Chiesa di Dio. Sincera, matura e libera sia pure la vostra obbedienza alla Chiesa perché sia proficuo di bene e colmo di gioia il vostro ministero sacerdotale”.

L’arcivescovo, in vista del prossimo avvicendamento nella direzione del Seminario, ha ringraziato padre Salvatore Caramagno e gli altri formatori per la loro sincera dedizione al compito educativo dei giovani aspiranti al sacerdozio. “Nella Chiesa questa missione è tanto importante e delicata, anche se, talvolta, diventa faticosa; essa è certamente molto impegnativa per la sua rilevanza nei confronti sia del Presbiterio diocesano che dell’intera comunità ecclesiale”. Don Helenio ha presieduto per la prima volta l’Eucarestia ieri nel Santuario della Madonna delle Lacrime, mentre don Rosolino questa mattina nella parrocchia San Nicolò Vescovo – Chiesa Madre in Melilli.

Ordinazione per Helenio e Rosolino

 Venerdì 8 maggio, memoria di Maria Madre della Chiesa, alle ore 18.30 l’Arcivescovo, mons. Salvatore Pappalardo, presiederà la Messa nella Basilica Santuario “Madonna delle Lacrime”, e conferirà l’ordinazione presbiterale ai diaconi don Helenio Schettini della Comunità della Basilica Santuario Madonna delle Lacrime in Siracusa e don Rosolino Vicino della parrocchia San Nicolò Vescovo – Chiesa Madre in Melilli. Inoltre ordinerà diacono l’accolito Carmelo Scalia della parrocchia San Corrado Confalonieri in Siracusa.
Don Helenio presiderà per la prima volta l’Eucarestia sabato 9, alle ore 19.00, nel Santuario della Madonna delle Lacrime, mentre don Rosolino domenica 10, alle ore 10.30, nella 
parrocchia San Nicolò Vescovo – Chiesa Madre in Melilli.

Non facciamo finta di non vedere

 “Oggi si rischia il paradosso: da una parte c’è un’Europa che mira all’unificazione dei popoli, e dall’altra parte c’è chi fa finta di non vedere le migliaia di uomini e donne, con giovani e bambini, che annegano negli abissi del Mediterraneo, definito ormai il mare delle lacrime”. L’arcivescovo di Siracusa, Salvatore Pappalardo, dal balcone dell’Arcivescovado nel suo tradizionale discorso ad una piazza Duomo gremita di fedeli nella festa del Patrocinio di Santa Lucia, rivolge il suo pensiero ai migranti.
Seguendo proprio l’esempio di Lucia, secondo il pastore della chiesa siracusana “noi cristiani non possiamo rimanere insensibili di fronte alle immani tragedie che colpiscono intere popolazioni. Se ci diciamo e vogliamo essere veramente cristiani come Santa Lucia, non possiamo disinteressarci dei più deboli, né, ancora peggio, possiamo respingere chi ci chiede aiuto”. Nella Cattedrale affollata, il cardinale Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento, ha presieduto la celebrazione con i suggestivi canti della comunità cattolica dello Sri Lanka a Siracusa. “I problemi che oggi tormentano l’umanità non li risolvono i Grandi, ma la solidarietà che parte dai piccoli” ha detto l’arcivescovo di Agrigento. “Lucia rappresenta il sogno di un coraggio che dovremmo possedere, per vivere senza tentennamenti ciò in cui crediamo. Dio ci chiede di ribaltare costruire una società in cui ognuno si possa finalmente sentirsi a casa propria. Se guardiamo gli immigrati attraverso la lente del codice penale o civile, senz’altro sono individui che possono essere pericolosi, forse criminali o dei poco di buono. Visti con la lente del Vangelo sono uomini, creati anche loro a immagine di Dio, nel loro caso rassomigliano ad un Dio sfigurato, uomini scappati dalla loro patria e famiglia, e per di più maltrattati e umiliati”.
Il simulacro è stato portato in processione dai berretti verdi in piazza, dove ha avuto luogo il tradizionale lancio delle colombe, e poi nella chiesa di Santa Lucia alla Badia dove resterà  fino a domenica.

Il card. Montenegro per Santa Lucia

Sarà il cardinale Francesco Montenegro, Arcivescovo di Agrigento, a presiedere la solenne celebrazione eucaristica domenica 3 maggio, per la festa del patrocinio di Santa Lucia. Alle ore 10.15 nella Chiesa Cattedrale avrà luogo il pontificale e subito dopo l’uscita del simulacro della patrona.