La solidarietà va attuata anche con la politica. E’ urgente riabilitare la politica, che è una delle forme più alte della carità. La politica esige una visione umanistica
dell’economia, affinchè a tutti sia assicurata dignità, fraternità e solidarietà”.
Monsignor Giuseppe Costanzo, arcivescovo emerito di Siracusa, torna a “bacchettare” i politici. Lo fa nel corso del ritiro spirituale per politici e operatori sociali promosso dall’Ufficio diocesano per la Pastorale sociale e del lavoro, giustizia, pace e salvaguardia del creato al Santuario della Madonna delle Lacrime.
Dopo i saluti dell’arcivescovo di Siracusa, monsignor Salvatore Pappalardo, e l’introduzione di padre Angelo Saraceno, direttore dell’Ufficio per la pastorale sociale e del lavoro, monsignor Giuseppe Costanzo, ha introdotto il tema “Beati voi, poveri, perché vostro è il Regno di Dio” (Lc 6, 21) parlando della ricchezza: “Con l’avidità della ricchezza, con la bramosia del denaro è quasi inevitabile la corruzione, che è una piaga del nostro tempo: si pensi al fenomeno delle tangenti, dell’evasione fiscale, dello spreco del denaro pubblico in privilegi e rendite parassitarie. Quando l’uomo chiede: “Che cosa devo fare?”, Gesù gli risponde che cosa deve lasciare. E gli lancia cinque martellanti imperativi: va’, vendi, dona, vieni, seguimi. Gesù lo proietta su un livello più alto: gli fa capire che la logica di Dio è diversa, anzi è rovesciata rispetto a quella del mondo. Nei confronti della ricchezza Gesù non ha mai assunto un atteggiamento di disprezzo o di condanna. Tuttavia, benché non l’abbia mai condannata, l’ha considerata un ostacolo pericoloso, insormontabile per molti, a entrare nel Regno dei cieli. Ogni bene che possediamo è un dono ricevuto dal Padre e deve diventare mezzo di unione coi fratelli. Chi sono allora i ricchi? Sono quelli che, accecati dai beni che possiedono, non sanno condividerli, non sanno vedere i poveri, non attendono nulla da Dio. I ricchi sono i sazi, gli arroganti, i prepotenti, che vivono barricati nelle loro ricchezze, murati nelle loro sicurezze, preoccupati solo di se stessi, cinicamente insensibili alle sofferenze e ai bisogni dei poveri”.
Ed ancora mons. Costanzo ha spiegato: “Per essere fedeli al Vangelo e alla storia, per superare l’odierna crisi, che non è solo economica e sociale, ma anche culturale, morale e spirituale, bisogna liberare il cuore da ogni forma di egoismo e di indifferenza e imparare l’arte di amare: amare Dio e amare il prossimo, specialmente i poveri, i quali – dice Papa Francesco – “ non possono aspettare”. Radicati in Dio e alla scuola di Cristo che si è fatto povero per noi, noi impariamo
a discernere dove sta e che cos’è vera ricchezza. In realtà, non tutte le cose che chiamiamo ricchezza sono buone. “Non è buona la “ricchezza” che nasce dallo
sfruttamento dei poveri e dei fragili; quella che proviene dal depredare le materie prime dell’Africa; quella dell’illegalità; della finanza-slot; della prostituzione, delle guerre, del traffico delle droghe; quella che nasce dal mancato rispetto dei lavoratori e della natura. Dobbiamo avere la forza di dire che questa pseudo-ricchezza non è buona, e dirlo senza “se” e senza “ma” ” (Luigino Bruni).
E’ uno scandalo – ha detto il Papa – che nel mondo ci siano un miliardo di poveri, e noi cristiani non possiamo far finta di non sapere. Se la ricchezza è primariamente dono, allora il condividerla e usarla per il bene comune non è un atto eroico, è un dovere di giustizia. Quando una cultura perde questo profondo senso sociale e politico delle proprie ricchezze, si smarrisce, declina e tramonta. Il rinnovamento delle nostre società passa necessariamente attraverso la solidarietà che, dice il Papa – è molto di più di qualche sporadico atto di generosità. L’uomo cresce (e la società prospera) quando impara a preferire: la verità ai molti scetticismi; la giustizia alle trasgressioni; l’amore vero e disinteressato all’egoismo insaziabile; la forza dello spirito alle varie prepotenze; l’integrità morale alla corruzione”.